martedì, 13 settembre 2011
Nella comunita' autistica di lingua inglese c'e' un intenso dibattito sul tema della supposta mancanza di empatia delle persone autistiche. Il tutto e' legato a una recente pubblicazione di Simon Baron-Cohen, ben recensita qui da Kim Wombles. La teoria di Baron-Cohen, se non la fraintendo, e' che le persone autistiche non siano in grado di *percepire* cognitivamente le emozioni altrui quando vengono manifestate, ma che siano capaci di compassione quando quelle emozioni vengono loro "spiegate", in un modo o nell'altro. La comunita' autistica, tendenzialmente, contesta questo modello. La discussione e' interessante e merita di esser letta; in particolare segnalo il blog Autism and Empathy, che raccoglie diverse testimonianze; una risposta (assai interessante anche se non sempre condivisibile, secondo me) dello stesso Simon Baron-Cohen alle critiche della comunita' e un recentissimo post di Chaotic Idealism, che mi pare dica cose profondamente sensate.
Quanto a It, ho la sensazione che sia perfettamente in grado di "leggere" le emozioni altrui — o perlomeno quelle dei suoi "significant others" — e che sia timidamente capace di reagire emotivamente alle emozioni che percepisce. Per dirne una, oggi ero contrariato per un suo capriccio, stanco e stressato tra il caldo e il casino di queste giornate — anche se stavo cercando di non farglielo troppo notare. E invece lui ha cominciato a venirmi intorno a farmi sorrisi e gesti affettuosi (naturalmente i *suoi*: anche su questo varrebbe la pena di scrivere prima o poi), per cercare di strapparmi un'espressione piu' contenta — insomma, per confortarmi. Certo, la comunicazione e' *molto* diversa da quella che ci si puo' aspettare da un neurotipico — ma l'empatia e il calore emotivo, quelli ci sono tutti.
Approfondiamo (prima o poi) il tema "dei suoi gesti affettuosi". Avrei molto su cui confrontarmi…
Non so… Convivendo con un'aspie e un autie devo affrontare problematiche diverse in questo campo, però credo che una delle chiavi di volta della questione sia il riconoscimento delle proprie emozioni.
Con la grande si tratta spesso di ritornare sulle sensazioni che prova lei e che la spaventano se sono troppo forti (anche se positive).
Il piccolo, invece, pur non parlando, sembra procedere più velocemente nel riconoscere lo stato d'animo altrui. Certe volte penso che sia avvantaggiato dalla sua predilezione per il contatto fisico e per le coccole, che ci permettono di giocare a farci le coccole reciprocamente.
L'ipersensibilità della sorella ha invece sempre irrigidito il contatto fisico in quanto causa di un'emozione troppo forte. Per il primo bacio spontaneo da parte sua ho aspettato 11 anni…
Forse sono andata "fuori tema" ma la faccenda è complessa :-)