venerdì, 16 luglio 2010
A me una lettera come quella della Gelmini, pubblicata oggi sulla Stampa in risposta a quella di ieri di una studentessa che si e' vista respingere l'iscrizione al liceo perche' "non c'era piu' posto", fa venire nostalgia perfino di un arnese come Fioroni, che pure in fatto di chiacchiere e distintivo andava forte.
Perche' non solo, come quella di Fioroni che avevo commentato qualche anno fa, la lettera della Gelmini e' condiscendente e inconcludente, ma per di piu':
1) e' del tutto menzognera. Scrive la Gelmini che "anche nei mitici anni '80 e '90" … "se il numero delle domande era superiore all’offerta formativa, si procedeva per estrazione e si assegnavano gli studenti in soprannumero alla scuola corrispondente più vicina. Anche oggi alcuni istituti che eccellono per la qualità della didattica ricevono molte richieste di iscrizioni e non è materialmente possibile soddisfarle tutte." Sono stato alunno di un liceo prestigioso e richiesto, negli anni Settanta: non e' MAI accaduto che uno studente si sia visto negare l'iscrizione. Sono stato insegnante in un liceo altrettanto prestigioso e richiesto negli anni Ottanta e Novanta (e mi occupavo proprio di formazione delle classi): anche in questo caso non ho mai visto mandar via uno studente che chiedeva di iscriversi. Se i numeri erano troppo alti per il numero di classi previsto, si chiedeva, con l'organico di fatto, l'attivazione di classi nuove — e si evitava l'indecenza didattica (e di sicurezza) di stipare 32/33 quattordicenni in una classe. Certo, costava. Certo, non tutte le prime diventavano seconde: ma non abbiamo mai cacciato via nessuno dalla scuola pubblica — quella scuola per cui le famiglie pagano le tasse.
2) tradisce una lettura del ruolo di ministro del tutto indecente e clientelare. Cito ancora la sua lettera: "Tuttavia spero che, nella composizione dell’organico di fatto, sia possibile iscriverti all’istituto che hai scelto. Mi attiverò personalmente per verificare se questo tuo desiderio possa essere realizzato." In altre parole: non ti riconosco alcun diritto a iscriverti nella scuola pubblica che hai scelto. Pero', siccome hai questo "desiderio", io cerchero' *personalmente* (e non istituzionalmente) di fare in modo che tu possa realizzarlo. Non lavorero' come ministro per garantire un tuo diritto, ti elargiro' personalmente un favore, perche' io posso. Senza prometterti nulla, ma aspettandomi la tua gratitudine in cambio.
Si vergogni, signora Ministro, se ha idea di che sentimento sia la vergogna. Se — come probabile — ignora che cosa sia, mi vergogno io di lei e per lei: come ex-insegnante, come educatore, come genitore, come nauseato cittadino di questo insopportabile paese.
Ben fatto Ratto.
Vengo rilanciato qui da PPR. Pensavo che la lettera e la risposta fossero un artificio, uno come tanti, per affrontare l'argomento in un modo originale.
In verità la lettera della studentessa, ad un'analisi attenta, si rivelava conforme alla realtà. La risposta della somara unica, invece, sembrava proprio inventata, perchè – mi chiedevo – come si possono scrivere in forma ufficiale e su un quotidiano, anche di rilievo come "La Stampa", tante sciocchezze, restando pure seria?
E invece mi devo arrendere: è raglio autentico.
Il tuo commento è impeccabile.
Cos'altro aggiungere se non domandarmi, ancora, cosa abbiamo fatto di male per meritarci la somara unica o il mini-stro Renatino?
Fossi in te lo manderei alla Stampa per "L'editoriale dei lettori". Credo che la tua testimonianza possa dirla lunga.
Ribatto su una questione: più che un'esclusione a estrazione, non sarebbe meglio un'esclusione in base al merito, per quanto possa essere ridicolo alle medie?
non mi è mai capitato di commentare, ma stavolta le tue ultime 7 righe sulla vergogna gelminiana meritano i complimenti per la franchezza.
@Stefano: grazie (anche perche' vieni a leggermi).
Ratto, ratto … Hai ben due stefani a leggerti (Stefano e stefano).
Stefano