mercoledì, 23 gennaio 2008
Uyulala mi chiede di partecipare a una catena, per una volta seria, e di indicare un libro sulla Shoah come mio contributo a una ideale biblioteca della memoria.
Devo dire che esito, perche' mi pare che a volte tanta enfasi sulla memoria della Shoah nasconda — anche inconsciamente e in buona fede — il bisogno di *padroneggiarla*, di ridurla a una misura che entri nei nostri schemi mentali — e che chiudere la memoria in una biblioteca, reale o virtuale, possa diventare un modo per renderla il piu' possibile inoffensiva.
Al contrario, la memoria della Shoah — se non si vuole tradirla — deve restare *intollerabile*. Dev'essere qualcosa a cui si vorrebbe sfuggire — che si vorrebbe non aver presente — e che ci si costringe a tenere davanti agli occhi. Percio' niente letture confortanti, niente biblioteche virtuose, che ci facciano sentire meglio perche' assolviamo al compito nobile di non dimenticare.
Eppure — abbiamo soltanto le parole — per non lasciare che la Shoah venga cancellata. E allora propongo gli autori forse piu' inconciliati con la realta' — quelli che meno di tutti hanno cercato di estrarre un qualche *senso* dalla Shoah — e sono due poeti: Paul Celan (di cui Mondadori ha pubblicato l'opera integrale nei Meridiani) e Dan Pagis (che purtroppo conosco soltanto nella traduzione inglese edita dalla University of California Press, non essendo in grado di leggere l'ebraico e mancando una traduzione italiana). Sono due libri che — onestamente — non so se avrei oggi il coraggio di rileggere — e proprio per questo sono quelli che mi sento di citare.
Passo il testimone a Lia, senza alcun intento provocatorio — perche' credo che da lei possa venire qualche indicazione intelligente e fuori dalla vulgata; a Bloggoanchio, se mai gli capitera' di leggere questo blog; a Floria, perche' mi fido ciecamente dei suoi libri. E a chi altri vorra' pensarci, passando di qui.
anzitutto ti ringrazio per l'adesione all'iniziativa e per aver intuito come l'intento fosse proprio quello di raccogliere dei titoli che, magari meno conosciuti di altri, potessero offrire un contributo originale al Giorno della Memoria.
Comprendo anche le tue perplessità, ma se il piccolo catalogo che si andrà a formare potrà sollecitare qualcuno alla lettura di uno di quei titoli, un piccolo argine potrà aggiungersi alla tutela di una memoria storica importante, ormai attaccata dal tempo e da quelle ecoballe umane che rispondono al nome di Irving e Faurisson.
ancora grazie, e una buona serata
Fatto. E grazie della stima che mi dimostri. La meriterò davvero?
Oki, agli ordini. :)
Ci provo.
(Certo che solo tu al mondo, potevi… :D :D)
Grazie per aver aderito. So bene che non ami le catene ed ero piuttosto indecisa se nominarti o meno, ma l'ho fatto soprattutto perché, leggendoti, so che se avessi accettato lo avresti fatto con un taglio non usuale, dando dei contributi che probabilmente non avrebbe saputo dare nessun altro.
Credo di non essermi sbagliata :-)
Ti leggo, ti leggo ;oD
La tua domanda non è assolutamente facile. Ci penso su e ci bloggo.
MMAX
[...] Copio-incollo da Angelo di The Rat Race: Uyulala mi chiede di partecipare a una catena, per una volta seria, e di indicare un libro sulla Shoah come mio contributo a una ideale biblioteca della memoria. Devo dire che esito, perche' mi pare che a volte tanta enfasi sulla memoria della Shoah nasconda — anche inconsciamente e in buona fede — il bisogno di *padroneggiarla*, di ridurla a una misura che entri nei nostri schemi mentali — e che chiudere la memoria in una biblioteca, reale o virtuale, possa diventare un modo per renderla il piu' possibile inoffensiva. Al contrario, la memoria della Shoah — se non si vuole tradirla — deve restare *intollerabile*. Dev'essere qualcosa a cui si vorrebbe sfuggire — che si vorrebbe non aver presente — e che ci si costringe a tenere davanti agli occhi. Percio' niente letture confortanti, niente biblioteche virtuose, che ci facciano sentire meglio perche' assolviamo al compito nobile di non dimenticare. Eppure — abbiamo soltanto le parole — per non lasciare che la Shoah venga cancellata. E allora propongo gli autori forse piu' inconciliati con la realta' — quelli che meno di tutti hanno cercato di estrarre un qualche *senso* dalla Shoah — e sono due poeti: Paul Celan (di cui Mondadori ha pubblicato l'opera integrale nei Meridiani) e Dan Pagis (che purtroppo conosco soltanto nella traduzione inglese edita dalla University of California Press, non essendo in grado di leggere l'ebraico e mancando una traduzione italiana). Sono due libri che — onestamente — non so se avrei oggi il coraggio di rileggere — e proprio per questo sono quelli che mi sento di citare. Passo il testimone a Lia, senza alcun intento provocatorio — perche' credo che da lei possa venire qualche indicazione intelligente e fuori dalla vulgata; […] [...]
[...] A proposito di Memoria, di cui si è parlato qui su invito di Angelo, segnalo questo: […] E' necessaria, anzi tutto, un'immediata moratoria della demagogia politica, della retorica istituzionale; non si rievoca una ferita con un batuffolo di cotone. Pace, dialogo e civiltà non riguardano la Shoah; varcare un cancello di filo spinato non inaugura l'attesa di una nuova primavera: la retorica dell'auspicio finisce per rappresentare la più subdola delle censure. In fondo, il martirologio è un preludio della dissacrazione; un calendario disseminato di santi ha finito per incoraggiare la dimenticanza dei loro volti, delle loro virtù: ci hanno pensato loro ad essere testimoni; la questione è archiviata, e l'imitatio è privilegio, appannaggio di epoche eroiche. [leggi tutto] [...]