giovedì, 23 dicembre 2004
Non mi capita quasi mai di essere d'accordo con Massimo D'Alema, e quando succede di solito mi preoccupo un po'. Pero' le cose che dice nell'intervista pubblicata oggi su Repubblica (online sul sito personale di D'Alema) mi paiono in gran parte condivisibili.
Vorrei pero' aggiungere qualcosa. La diversita' di posizioni che D'Alema vede tra Prodi e Rutelli e' assolutamente reale e non e' questione di tattiche politiche, di poltrone, e nemmeno di liste elettorali o di chi vuol comandare di piu'. Chi la legge come l'ennesima bega di un centrosinistra rissoso non ha chiara la posta in gioco. Ed e' vero che drammatizzare non e' utile, ma ha ragione da vendere Prodi quando dice che e' necessario affrontare e risolvere questo scontro politico, con la chiarezza di una soluzione reale e non di parole che rinviano tutto a chissa' quando.
Perche' lo scontro e' tra chi vuole mantenere una distinzione tra le culture politiche ed organizzative dei principali partiti (e riferimenti ideali) del centrosinistra e chi ritiene che sia venuto il tempo di portarle a sintesi, di far nascere un soggetto che possa porsi nella logica delle grandi forze riformatrici europee. Sono entrambe posizioni legittime — e perfino nobili se intese nella loro migliore espressione e depurate dei personalismi e delle logiche di cordata.
Ma la prima, che corrisponde alle scelte di Rutelli e della maggioranza della Margherita, implica partiti (e quindi programmi, visioni della politica) identitari, rivolti a un "target" verticale e sostanzialmente di nicchia; e implica la ricerca della diversificazione, della caratterizzazione a scapito dei piu' vicini concorrenti; al tempo stesso implica una moltiplicazione degli apparati, del ceto politico e delle sue (pur legittime) esigenze di sopravvivenza e di riproduzione.
Solo percorrendo con decisione l'altra strada, quella di una forza politica plurale e aggregatrice di esperienze diverse, che sia al proprio interno luogo di discussione, di confronto e di mediazione sulla base di pochi valori essenziali condivisi (che stanno tutti, a ben vedere, nella Costituzione), i riformisti italiani potranno elaborare una proposta di governo che non sia il frutto della giustapposizione e dell'elisione reciproca delle singolarita' di questo e di quel partitino. E quindi fare politica in maniera innovativa, dando risposte non scontate a problemi reali. Nel '96 si sono fatti dei passi in quella direzione. Poi siamo tornati indietro.
Lo scontro tra Rutelli e Prodi e' tra chi e' convinto che si sia fatto bene a tornare indietro e chi crede che se non si va piu' coraggiosamente avanti sulla strada del '96 non ci sia speranza per questo paese. Non e' mia intenzione criminalizzare nessuno, o accusare di tradimento: ma non credo che ci possano essere incertezze su dove sta la ragione.
E se poi si mescolano le carte dicendo che dire di no alle liste unitarie non significa un colpo di freno alla costruzione della Federazione — beh, allora scendiamo dal livello di una discussione seria a quello del tentativo di imbrogliare l'opinione pubblica.
Ebben, giuro che volevo leggerlo e rifletterci sopra, ho visto di passata il titolo su Rep-online, ma ho avuto un primo rigetto (D'Alema.. è una cosa a pelle), anche se mi aveva incuriosito, non mi sembrava la solita pappardella. Con questo post risolto tutto, è come mi avessero dato sottobanco il tema svolto. Dunque: grazie. Speriamo bene… speriamo bene….
Timeo Danaos et dona ferentes. Non mi convince D'Alema quando dice "sono d'accordo con Prodi, sono d'accordo con Prodi". La furbizia è forse la maggiore qualità di D'Alema. Ma in politica (e nella vita) la furbizia fa spesso danni, soprattutto agli altri.
Per il resto concordo che la contaminazione delle culture politiche sia positiva. Però con "i riferimenti ideali" siamo messi maluccio e se ne sente un gran bisogno.
Segnalo a tal proposito un articolo di Carla Ravaioli
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/23-Dicembre-2004/art30.html
che parla della incompresa intuizione di Enrico Berlinguer, il discorso sulla "austerità".
E poi mi sembra inevitabile che la costituzione di un soggetto riformista plurale solleciti una aggregazione a sinistra (vedi Assemblea del 15 gennaio promossa dal Manifesto).
Ciao e auguri