lunedì, 7 giugno 2004
Tuttavia le cose che ho scritto continuo a pensarle. E continuo a pensare che la parte tragica della vicenda sia proprio nello scontro di due diritti entrambi ben fondati e innegabili: quello dei Palestinesi arabi alla loro terra e quello degli Ebrei alla loro terra. Che sciaguratamente e' la stessa. Certo, si tratta di due diritti diversi. Il diritto dei Palestinesi alla Palestina e' ovvio: e' la loro patria, e' il luogo dove per generazioni sono nati e vissuti. In nessun altro luogo possono essere cio' che sono. Quello degli Ebrei e', io credo, meno ovvio ma altrettanto fondato: Erez Israel e' la sola terra che gli Ebrei possano considerare patria. In un certo senso e' la consapevolezza di essere esuli da Erez Israel che ne ha garantito la sopravvivenza per duemila anni.
Io credo che non se ne esca negando uno di questi due diritti. E che negarne uno equivalga a negare l'identita' di uno dei due popoli. Se non vogliamo parlare di antisemitismo — e probabilmente il termine offusca il senso delle mie parole — la questione e' poi tutta qui. E percio' solo un doloroso compromesso — ma fondato sul *reciproco* riconoscimento — puo' permettere agli uni e agli altri una vita dignitosa.
Che poi oggi le colpe di Israele siano probabilmente piu' gravi di quelle dei Palestinesi, se non altro per la sproporzione di forze, e' altra questione — su cui non posso che essere d'accordo. Ma anche in questo caso, non se ne esce se non immaginando dei compromessi.
Un'ultima battuta, se mi permetti. Tu dici di essere certa che oggi e' (nel nostro caso) lunedi'. Io concordo. Ma ho l'impressione che il problema vero sia che per me questo lunedi' e' il 18 Sivan del 5764, per te il 18 Rabi'ath-Thani del 1425. Fuor di metafora: non e' che diciamo la stessa cosa a partire da strumenti di lettura diversi, e che alla fine non siamo capaci di accordarci sul fatto che oggi e' (per convenzione) il 7 giugno 2004? Francamente, le fotografie sono tutto tranne che oggettive…
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